Comunicazione della diagnosi – La sintesi delle relazioni

share on:

La comunicazione della diagnosi nelle malattie croniche neurologiche a esordio precoce
Antonella PiniNeuropsichiatra infantile presso l’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, Ospedale Maggiore-Bellaria.

La prima relazione presenterà la comunicazione della diagnosi di malattia neurologica cronica a esordio precoce come un processo dinamico che ha tra gli obiettivi principali fornire le informazioni utili ad attuare percorsi condivisi e ad usare strumenti operativi chiari che accompagnino la vita del bambino e la sua famiglia. Non si esaurisce in un momento temporale ben definito anche se è necessario individuare tempi e luoghi adatti.

Gli interlocutori nel processo di comunicazione della diagnosi sono diversi e possono essere individuate “tecniche” e “buone prassi” che riguardano il quando, il chi, il con chi, il dove, il come. Opportuno è che comunichi la diagnosi chi possiede una buona conoscenza del bambino e della condizione diagnosticata, sia in grado di stabilire una relazione empatica avendo chiaro il concetto di “rispetto del dolore degli altri” e abbia chiara l’importanza di stabilire un rapido contatto con altri specialisti.

 

La comunicazione della diagnosi di malattia genetica al paziente adulto
Paola MandichProfessore ordinario di Genetica Medica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Genova

La seconda relazione dal titolo “La comunicazione della diagnosi di malattia genetica al paziente adulto” sottolinea come le opportunità offerte dalle nuove tecnologie in materia di diagnosi, predizione e trattamento di numerose malattie ereditarie, debbano essere bilanciate dalla valutazione rigorosa dell’utilità clinica e delle implicazioni etiche di tutti i test genetici. La definizione di un team multidisciplinare è fondamentale per la gestione del percorso diagnostico-terapeutico e la presa in carico del paziente. È necessario un protocollo integrato in cui il genetista medico è parte di un’equipe di figure professionali che devono contribuire ad aiutare il paziente a: ottenere una diagnosi clinica; valutare il rischio di ricorrenza/trasmissione della patologia; gestire la malattia e le complicanze; avere supporto psicologico e sociosanitario; trovare sostegno per la famiglia e i caregiver. In questa situazione è facile rispondere ad alcune domande: chi e come comunica la diagnosi, a chi si comunica e cosa si comunica.

 

Tecniche di comunicazione efficace nel rapporto medico – paziente
Stefano Caracciolo – Professore ordinario di Psicologia Clinica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Ferrara.

La terza relazione riguarda le “Tecniche di comunicazione efficace nel rapporto medico – paziente”. Verrà illustrata l’ Analisi dei sette “pilastri” nel rapporto medico – paziente: gentilezza, sincerità, empatia, competenza, efficacia, fiducia, alleanza e le problematiche relative ai pazienti di cui i medici dovrebbero tenere conto e quali sono i nodi psicologici. Si offriranno alcuni suggerimenti metodologici per una corretta comunicazione e per una migliore consapevolezza degli effetti della comunicazione(Sindrome del Buon Samaritano o Sindrome del Cyborg). A seguire verranno approfondite le modalità con cui dare “Sostegno e formazione per chi comunica la diagnosi: come formare i medici e gli operatori sanitari; come sostenerli per evitare il burnout”.

 

Il peso delle parole e il vissuto della comunicazione della diagnosi nei pazienti
Olivia Osio – Responsabile Progettazione e Sensibilizzazione U.I.L.D.M. sezione di Bergamo

L’intervento “Il peso delle parole e il vissuto della comunicazione della diagnosi nei pazienti” presenta i risultati della ricerca “La comunicazione come prima cura” che approfondisce la conoscenza del vissuto della comunicazione della diagnosi nei pazienti affetti da malattie neuromuscolari e nei loro familiari. Dalla ricerca emerge che la comunicazione della diagnosi di una malattia neuromuscolare non si scorderà. Non si dimenticano le parole usate dai medici, le espressioni del volto, i gesti, il luogo in cui è avvenuta, l’ascolto concesso o rifiutato. Parlare della comunicazione della diagnosi come di un evento con un inizio ed una fine precisi è riduttivo. La comunicazione rappresenta, piuttosto, un processo che richiede la disponibilità a tornare più volte su ciò che non è chiaro, a sostenere l’elaborazione di ciò che non è semplice affrontare ed accettare. Richiede tempo e la presa in carico del paziente e della sua famiglia.

Ritratto di admin_udine

admin_udine